Quando manca la (piccola) etica…

Qualche tempo fa sono entrata in un negozio di hobbystica della mia cittadina assieme a mia figlia 5enne alla ricerca di strass autoadesivi per creare delle decorazioni.

Mia figlia, che non sa cosa sia la timidezza, chiede subito alla commessa/titolare se hanno dei “cristalli” grandi così, indicando con le dita la dimensione desiderata:  nonostante la sua giovane età ha le idee ben chiare su ciò che le serve. La commessa la guarda, non apre bocca, alza lo sguardo verso di me in cerca di spiegazioni. Le spiego dunque ciò che cerchiamo (degli strass autoadesivi), per quale motivo e su quali supporti dobbiamo incollarli. Mi mostra ciò che ha disponibile: si tratta di strass minuscoli (evidentemente inadatti alla manualità di una bambina di 5 anni) e mi spiega che non ha nulla delle dimensioni richieste. Su mia figlia cala tristezza e delusione, che presto però scompare quando le spiego che mettendo assieme una decina di piccoli strass possiamo crearne uno delle dimensioni desiderate, e che anzi può essere anche più bello (e mi auto-condanno così ad un pomeriggio di colla, forbici, strass, etc.). Convinta, decide di acquistare l’articolo i mini strass e ci dirigiamo alla cassa dopo aver selezionato altro materiale.

Devo ammettere che mia figlia non sa mordersi la lingua (ma quanti bimbi di 5 anni sanno farlo?) e mentre usciamo mi guarda e mi dice: “mamma,  qua non ci veniamo più perché non hanno i cristalli giusti”, non ho nemmeno il tempo di risponderle in maniera educativa spiegandole che bisogna imparare ad arrangiarsi con quello che si ha e che anzi usando creatività e fantasia si possono ottener risultati inaspettati, che la commessa indispettita la incalza e risponde al posto mio : ” sei tu che non devi chiedere cose che non esistono”. Rimango allibita dalla spiacevole intrusione e assisto incredula ad una discussione tra una bambina di 5 anni (che spiega che i cristalli che vuole lei esistono eccome, li ha visti in un libro di lavoretti per bambini) ed un’adulta offesa che difende la sua “ragione”.

Spiego a mia figlia che i negozi non sempre hanno ciò che si vede nei libri, ma che non ha importanza, possiamo creare dei lavoretti ancora più belli con quello che abbiamo e usciamo.

Torniamo a casa in silenzio e penso che in fondo mia figlia ha ragione: in quel negozio non ci torniamo più.

Non perché mancano i cristalli “giusti”, ma perché manca la gentilezza.

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Purtroppo i miei incontri ravvicinati con persone rudi (titolari o commessi di esercizi e negozi di vario tipo) non si limitano a questo episodio: la lista è lunga e per raccontarveli tutti riempirei  il blog ( potrei pensarci in effetti a creare una rubrica dedicata agli “incontri ravvicinati con l’inciviltà”).

Nell’anno in cui a Sanremo vince Occidentali’s Karma, e appare evidente come l’elevazione spirituale sia diventata una ricerca ossessiva per molti, io mi ritrovo a constatare che ciò che si è perso e che manca sempre più è l’etica, quella piccola. Questo non è un blog di filosofia, né particolarmente impegnato nella riflessione intellettuale, e non aprirò dunque un dibattito su tale tema; ciononostante vorrei soffermarmi su una questione strettamente legata al mio lavoro: il comportamento (e la comunicazione non verbale). Non mi riferisco dunque all’etica (quella parte della filosofia che si occupa di ciò che è buono, giusto o moralmente corretto), ma alla “piccola” etica: l’etichetta,  o galateo, che è appunto un’etica minore. Quell’ etica che serviva a regolare i rapporti umani nel quotidiano, a risolvere i piccoli problemi e difficoltà.

Secondo Kant, la gentilezza – “questo non si fa” – precede la morale – “questo non si deve fare” (cf. Riflessioni sull’educazione, Emmanuel Kant). Il che equivale a dire che le regole base sulle quali si fonda l’educazione e che comincia dall’infanzia sono le fondamenta sulle quali costruire la morale.

Il nostro comportamento oggi però è sempre più estraneo alle regole di comportamento e all’educazione. Le parole “etichetta” e “galateo” fanno venire quasi i brividi, nel migliori dei casi a parlarne si viene classificati come snob, nel peggiore come antiquati, bigotti, “di facciata”.

Quante volte vi è capitato di entrare in un locale o in un negozio e non essere salutati, quante volte vi è capitato di fare un gesto di cortesia o un’attenzione e non ricevere nemmeno un “grazie”, quante volte avete aspettato pazientemente l’amico o il collega o il cliente in ritardo?

Sono solo formalità? Norme prive di senso?

Io non credo.

Sono regole che aiutano chi le applica a “saper vivere” rispettando sé stesso e rispettando gli altri. Il rispetto dei valori e delle altre persone è la base unica e indiscutibile dell’etica minore.

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E allora mi chiedo: in un contesto economico non facile, un periodo in cui sono più le attività ed i negozi che chiudono battenti che quelli che aprono ( i margini sono sempre più ristretti, i costi sempre più elevati, etc.), possibile che non ci sia ancora resi conto che il fattore chiave di successo é il “servizio”?

Se posso trovare online lo strass adesivo che serve a mia figlia per i suoi lavoretti, lo trovo esattamente come mi serve, me lo consegnano il giorno dopo direttamente a casa, non devo nemmeno scomodarmi per averlo, cosa mi spinge ad andare in un negozio?

Il servizio.

Mi aspetto che chi vende il prodotto che mi serve sia sufficientemente esperto di quell’articolo per consigliami come utilizzarlo al meglio, o magari che mi diriga verso un articolo alternativo più adatto all’uso che devo farne.

Ma soprattutto mi aspetto che mi spieghi tutto ciò con gentilezza, con un sorriso e che mi trasmetta la sensazione che gli fa piacere condividere con me le sue conoscenze ed il suo tempo.

Mi aspetto un’interazione sociale piacevole.

Ma come si può parlare di  “servizio” quando mancano persino le regole base dell’educazione?

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2 commenti su “Quando manca la (piccola) etica…”

  1. Ciao Valeria! Bell’articolo! Ho avuto la medesima negativa esperienza in quel negozio. Purtroppo la scortesia dilaga.
    Cari saluti

    Vanessa Curtis da Bassano

    Rispondi
    • Grazie Vanessa, sono contenta che ti sia piaciuto l’articolo. C’è più di 1 negozio di hobbystica nei dintorni, per quello mi sono permessa di raccontare l’evento. Di certo se anche tu hai avuto la medesima esperienza negativa è fortemente probabile che stiamo parlando dello stesso luogo 😉 Speriamo che l’etichetta ritorni a diffondersi!

      Rispondi

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